Nervi d’acciaio per la desertificazione industriale del nostro paese.

I nervi d’acciaio dovranno trovare un sostituto per trasformarsi in sedute psicanalitiche dove l’industria italiana sdraiata sul lettino dello psicanalista specializzato in disturbi da stress post traumatico, dovrà trovare una terapia adeguata per far ingoiare il deserto delle idee, che mai come ora sull’italico patrio suolo sta attecchendo , scrivendo il necrologio sine die della morte delle invenzioni che sono quelle che quando nascono diventano il gancio traino di un camper, un Tir, un canotto ,purche’ circolante a casa nostra, in deroga ai limiti di velocità della mediocrità che pare ci abbia
contagiato senza possibilità di un vaccino che faccia risorgere la nostra invincibile fantasia .
L’acciaio , benedetta merce dai mille usi,, che ora piu’ nessuno pare voglia produrre….spina nel fianco della politica che a Taranto ma anche a Genova, Piombino, rischia di diventare un divorzio alla “guerramdei Roses”, è in agonia , pare sia un malato incurabile…
Puo’ uno psicanalista “psicanalizzare” l’acciaio che non vuole piu’ nascere in un altoforno , ma preferisce un’ incubatrice per diventare una lavatrice , un frigorifero in fila insieme a tanti altri loro fratelli stipati nei centri commerciali ,arrivati dal piccolo mondo che è terzo e quindi dopo di noi che
siamo primi, per soppiantarci lo scettro di G7 ?
Il delirio politico e industriale scatenatosi intorno al funerale annunciato del sig.Acciaio pare sia endemico , sembra che in Italia non si possa più produrre nulla ma soltanto commercializzare….
A chi ? Non si sa …Ai lavoratori licenziati dall’acciaio che dovrebbero comprare l’acciaio camuffato da lavatrice o frigorifero arrivato con passaporto “terzo mondo”. ?!?!?
Globalizzazione male dilagante,ossessione di un provincialismo che non ha ragione d’esistere, (visto che siamo prima paese-nazione e poi diventiamo capillarmente provincia /territorio), dove si e’ pensato a produrre su scala mondiale beni di consumo che ci fogocitano l’esistenza… Da produttori che non producono più siamo diventati consumatori che non ne possono più di ingurgitare merce che non si sa da dove arrivi…
Il tutto condito con una mancanza totale di leggi che obblighino coloro che chiudono a casa nostra per andare altrove a sfruttare per produrre al massimo sforzo con il minimo costo , a pagare ritornando a casa nostra una tassa di ingresso delle merci copiate dal nostro copyright italiano , fabbricate nella zona d’ombra del mondo che non si sa dove sia per ritornare a casa camuffati da eletttrodomestico buono,venduto a rate a noi che siamo stati licenziati da coloro che sono andati altrove a fare quello che noi sappiamo fare meglio di tutti e cioe’ l’industria manifatturiera..
Altro che psicanalista , l’acciaio ha bisogno di una cura iperproteica di fiducia , una parola che sento spesso ripetuta fino alla noia ,ma che poveretta , è stata svuotata senza il suo consenso del suo
contenuto…
Infatti fiducia e’ un sentimento che spazia dalla finanza alla politica, all’economia per poi dirottare planando a bassa quota nell’ambito di una società naturale che si chiama famiglia, che è costruzione della società quindi del mondo che produce economia, finanza, arte ,scienza.
Sembra che ruoti tutto attorno a lei , prima donna riservata e discreta, la fiducia , sostantivo femminile reclama il suo ruolo super partes di mediatrice del mondo seduto che non vuole alzarsi e del mondo in piedi che e’ pronto a correre.
Taranto , città magnifica, con una storia antichissima , un mare spettacolare vuole ritornare ad essere città-industria-arte, pare che questo “trinomio” sia irrealizzabile visto che nessuno ha chiesto al suolo tarantino se poteva essere inquinato, devastato e ora depauperato della prima industria manifatturiera non solo italiana ma anche mondiale.
Made in Italy ? Made in Taranto, acciaio , un mondo che vuole produrre senza inventariare l’infelicita’ che lui senza esserne partecipe, crea, eppure basterebbe che si pensasse ad una bonifica culturale che sventasse il complotto diventato pensiero dominante che l’Italia deve per forza essere industria e non “industria d’arte” , parole lasciate abbandonate nel deserto delle idee dove le dune della disperazione delle persone, malate , licenziate e senza un futuro degno del patrio suolo ,diventano una protesta senza
orecchie che si prestino ad ascoltare.
Durante la seconda guerra mondiale , il nazismo globalizzò con la guerra militare , colonizzando gli stati invasi ,era una guerra mai dichiarata che Hitler chiamò Lebensraum , tradotto “spazio vitale” dove poter pompare petrolio (in Romania a Baku) depredare musei ecc…
Pare l’avvento di una globalizzazione dove lo spazio vitale è libero arbitrio delle multinazionali che invadono il nostro paese promettendo il nulla che e’ illusione , comprando isole lagunari, castelli, pezzi di mare ,senza che nessuno osi dire che l’Italia è pur sempre uno stato sovrano e magari potrà pure tenersi non solo l’acciaio prodotto con il sudore degli operai, ma anche i castelli, le isole lagunari e le opere d’arte che fanno tanto gola a coloro che hanno inventato la globalizzazione per praticare il furto legalizzato dell’identità nazionale altrui in questo caso quella italiana.
Taranto , crocevia di una cultura industriale da cambiare, cambiare è difficile , comporta sforzi mentali enormi, rinunce, ma è possibile farlo e trasformare l’ex Ilva in una grande biblioteca, dove i libri e non
l’acciaio producono PIL attraverso la cultura.
Il mondo a passo d’uomo seguirà l’evoluzione di questa storia che e’ la nostra storia, la storia di un paese il nostro che dopo l’ultima guerra quando la parola “sovranista” e “nazionalista” ( cioè appartenente alla
nazione e’ un aggettivo buono non cattivo), si riscostruì attraverso una visione di paese avveniristica che vedeva nell’italianità la sovranità del proprio prodotto interno lordo.


Barbara Appiano
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