Sono una madre, mi chiamo lingua, ma i piu’ mi dicono che sono un idioma

EDITORIALE N. 8 DE IL MONDO A PASSO D’UOMO DEL 2 DICEMBRE 2019

L’importanza della lingua come identità culturale , la madre lingua è la prima lingua dell’esistenza.

Oggi affronto il mistero della lingua, quale idioma che è il parlato e lo scritto di un popolo..

La lingua ,oggi come forma di espressione e comunicazione verbale, è diventata una forma di cruciverba dove a parlare sono sigle , sms, mms, farciti da inglesismi che prendono il sopravvento entrando senza chiedere permesso nella nostra lingua senza che noi ce ne accorgiamo, visto che ci ritroviamo anche inconsapevolmente ad utilizzare gli inglesismi arrivati dal canale della Manica piuttosto che dall’oceano Atlantico senza accorgerci di essere in piena invasione linguistica straniera…

“Straniero”, un aggettivo da ricollocare nella sua geografia politica antropologica quale veicolo di intesa fra mondi diversi…

“Straniero” parola edulcorata dal suo significato semantico di essere “estraneo” è sostituita dalla parola “globale” che estendendosi per tutta la superficie del globo ,assorbe l’aggettivo “straniero” messo a riposo forzato…

Se la lingua è intesa come storia parlata di un popolo che ha un suo perimetro identitario che è depositario della sua cultura come eredità in itinere, allora dobbiamo pensare a conservarla e a proteggerla per fare in modo che la sua purezza ,assonanza , sintassi e influenza che puo’ avere sul nostro modo di vivere non diventi una specie di maggiordomo di altre lingue che entrando a gamba tesa tendono a modificare il nostro modo di pensare…

Pensare nella propria lingua , vuole dire sentire e viverne l’appartenenza come soglio,dove la lingua è testimonianza imperitura della vita di un popolo e del suo paese.

Ciò non vuole dire chiusura di frontiere, chiusura a nuovi orizzonti, ma al contrario significa che la lingua nel nostro caso ,l’italiano, avendo la sua dimensione di portatrice di cultura MASSIMA nel mondo ha un suo posto d’onore in quanto è lei ,la lingua italiana ,portatrice di identità storica che tutto il mondo ci invidia.

Avere un posto d’onore vuole dire che non esiste forma di contaminazione linguistica che intacchi l’identità linguistica della nostra lingua, in quanto è pari se non superiore ad altre lingue che tendono ad uscire da casa loro per invadere le case degli altri per sopraffare e dominare…

L’inglese è lingua dominante mondiale , ma alla fine non si capisce bene perché…

E’ vero che gli inglesi popoli di navigatori e conquistatori non avendo materie prime a casa loro , hanno conquistato, sottomesso mezzo mondo e con ciò innescando la comunicazione della lingua del conquistatore sul popolo conquistato, ma proprio perché lingua del conquistatore , tende ad essere sintetica e povera nell’espressione dove un aggettivo è sostantivo per pragmatismo linguistico che risparmia anche sui condizionali e congiuntivi che nulla hanno a che fare con la nostra “consecutio temporum”… Insomma la lingua inglese è “ alla spending reviù”..

Pertanto lingua povera per impoverire coloro che conquista , li sottomette ad una specie di accanimento terapeutico che alla fine ti fa dire “weekend “ e non “fine settimana” …

Quindi ? Il mistero della fascinazione del provinciale che per sentirsi internazionale utilizza gli inglesismi che nessuno ha chiesto di introdurre nel nostro vocabolario è diventato un modus operandi, dove la lingua “straniera” e cioè l’inglese si vuole accomodare nel nostro vocabolario senza che la nostra , ricca a livello espressivo per analisi logica e grammatica possa magari rifiutarsi di accoglierla…Non dimentichiamoci che il verso poetico inteso metrica è nato in Italia in Sicilia da un certo Jacopo da Lentini contemporaneo a Dante Alighieri..

E’ vero che la politica dell’accoglienza sia in senso materiale che in senso metaforico, è atto di civiltà ma ciò non vuole dire che per accogliere si debba abiurare alla propria lingua come comunicazione antropologica e culturale del proprio paese…

Pensare in una lingua vuole dire pensare alla cultura e agli usi della cultura stessa come forma di tradizione da trasmettere, mi domando si potrebbe mai tradurre “la divina commedia” in inglese ?

Penso di no, forse sono gli inglesi che dovrebbero leggerla nel NOSTRO ITALIANO che e’ quello di Dante ,perchè è nonostante sia possibile clonare una pecora, ringiovanire fino a ritornare nella culla , la lingua di Dante Alighieri è patrimonio dell’umanità da conservare senza mescolarla per farla diventare una specie di hot dog linguistico dove a breve arriveremo a parlare attraverso il linguaggio dei segni come se fossimo tutti dei sordomuti..

La lingua di un popolo è suolo intellettuale sul quale è costruita la sua identità, promuoverne la salvaguardia, magari andando a fare dei corsi di grammatica italiana , vuole dire essere fedeli al concetto di nazione che viene prima di continente.

Barbara Appiano

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